Le statistiche europee e dell’Istat ormai confermano un dato veramente inquietante ed impietoso: l’Italia si conferma il fanalino di coda riguardo ai NEET, i giovani tra i 15-24 anni che non lavorano, non studiano e non stanno facendo uno stage presso una azienda. È quanto emerge dallo studio riportato dal Sole24Ore. Andando più nello specifico nella lettura dei dati, si può notare che le regioni peggiori in Europa sono, nell’ordine, la Sicilia – col 30% di NEET – seguita da Campania, col 28% e la Calabria col 27%. Un dato veramente allarmante che dimostra come in Italia negli ultimi 30 anni le politiche economiche e sociali siano state indirizzate verso l’impoverimento economico e demografico della società, con un occhio di riguardo – si fa per dire – verso il Sud e le Isole. Impietoso anche il dato di emigrazione di laureati che riguarda tutto il territorio nazionale. Come riporta Dagospia, l’8% dei neo-laureati italiani lascia il paese per trasferirsi all’estero, soprattutto nell’est Europa, dove trovano salari più alti e standard lavorativi migliori. Il fenomeno riguarda maggiormente il Nord Italia che però “recupera” con i neolaureati meridionali che si spostano al nord per trovare lavoro.
Ed ecco che qui casca l’asino. “Salari più alti e standard lavorativi migliori”. Per spiegare questi dati basterebbero soltanto queste poche parole, invece la politica e la stampa di regime non fanno altro che accampare scuse sui giovani fannulloni, sugli scansafatiche che preferiscono 500 euro di Rdc piuttosto che lavorare. I dati disegnano una realtà che non collima assolutamente con la propaganda mediatica. La Questione Meridionale è un problema vero e profondo che sa di colonialismo ed imperialismo interno; il meridione oggi più che mai serve come serbatoio di capitale umano per le grandi imprese – dei tanto osannati imprenditori – del Nord che con la grande ristrutturazione industriale di fine anni ’80 e i vincoli UE dell’ultimo ventennio, hanno trovato il modo di rimanere competitive mantenendo bassi gli standard di produzione – zero investimenti tecnologici sui mezzi di produzione, per intenderci – e basandosi solamente sullo sfruttamento dei lavoratori e salari da fame da terzo mondo. E mentre i giovani del nord hanno la possibilità di fuggire all’estero, quelli del Sud vanno verso il Nord per occupare posti di lavoro mal pagati ma che, rispetto al lavoro nero nel meridione, appare come il paradiso sulla terra. E se al Sud i laureati sono sempre meno, non è colpa dei ragazzi siciliani, campani o calabresi, ma dello Stato che ormai ha ridotto all’osso i finanziamenti pubblici per l’istruzione, scolastica ed universitaria facendo diventare un lusso ancora più gravoso lo studio. Non si studia perché siamo poveri.
Ma c’è qualcuno che ancora insiste col dire che i meridionali rubano soldi al Nord. Non si è mai visto un ladro diventare più povero del derubato.
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