Martedì scorso la camera bassa del parlamento svizzero ha espresso un voto contrario sull’accordo di salvataggio dell’istituto bancario Credite Suisse. La banca svizzera, lo ricordiamo, è stata la prima fra i colossi bancari europei a dichiarare la crisi e il rischio fallimento, quale riverbero della crisi bancaria scatenatasi oltre oceano con i fallimenti della Silicon Valley Bank e altri istituti di credito statunitensi. L’accordo di salvataggio della famigerata banca svizzera, stipulato lo scorso marzo, prevede l’acquisizione da parte di Ubs – altro colosso svizzero – con la garanzia finanziaria statale svizzera attraverso una iniezione di liquidità da parte della Banca Centrale Svizzera pari a 110 miliardi di franchi svizzeri.
La camera bassa svizzera ha espresso parere contrario durante la sessione straordinaria convocata dal parlamento svizzero che aveva visto la camera alta votare invece in maniera favorevole. Il voto del Consiglio nazionale – è il nome della camera bassa – è una bocciatura piena e totale con 110 voti contrari, voti arrivati in gran parte dalla stessa coalizione di governo. Il piano viene bocciato perché, oltre alla linea di credito della banca centrale, il governo svizzero ha emesso altre garanzie pubbliche pari ad altri 100 miliardi, una cifra che viene pagata dai contribuenti svizzeri, alcuni dei quali serviranno per pagare i bonus e i dividendi non riscossi dai manager della banca fallita (paradossi del capitalismo, bellezza!). Ma non solo. Il salvataggio di Credite Suisse prevede la fusione con UBS e da questa fusione si prevedono circa 30 mila licenziamenti (che si aggiungeranno ad altri licenziamenti delle big tech in Svizzera), una scelta che i parlamentari del Consiglio nazionale non vogliono accettare. Tuttavia il voto del parlamento risulta totalmente simbolico, quindi inutile, poiché l’assemblea parlamentare non ha alcuna voce in capitolo su delle decisioni finanziarie del governo che sono state già assunte.
Ma ai nostri occhi questo voto ha una sua utilità: dimostra come le belle parole sulla democrazia, la sovranità popolare, la sovranità del parlamento, i pesi e contrappesi della democrazia liberale e del controllo parlamentare delle attività di governo, si sciolgono come neve al sole di primavera quando dinanzi si trovano gli interessi del capitale e della grande finanza.
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