Emanuele Quarta
Avanti.it
Il Perù oggi rappresenta uno dei fronti più caldi dell’America Latina dove il pugno di ferro dell’imperialismo yankee ha fatto sentire maggiormente i suoi effetti negli ultimi due anni. La situazione è divenuta esplosiva quando Pedro Castillo, sindacalista e leader del partito “Perú Libre” di forte matrice marxista-leninista, è stato eletto presidente. Castillo fondava il suo consenso sugli strati popolari più poveri, in particolar modo tra gli indios della zona sud-est del paese. Subito dopo l’elezione, l’oligarchia industriale e finanziaria peruviana, di matrice colonialista per conto degli USA, ha cominciato una campagna mediatica volta a destabilizzare il potere di Castillo. Il parlamento peruviano, in mano ai partiti di destra, tentò più volte l’impeachment contro il presidente con l’accusa di “mettere a rischio la democrazia”, che tradotto vuol dire “mettere a rischio gli interessi americani sulle riserve minerarie del paese, tra cui il litio” che lo stesso Castillo voleva nazionalizzare, togliendolo di fatto dalle grinfie degli americani.
Il 7 dicembre 2022, all’ennesimo tentativo del parlamento di sottoporre Castillo all’inpeachment, questi ha sciolto l’assemblea e indetto nuove elezioni per eleggere una nuova assemblea con poteri costitutenti al fine di redigere una nuova costituzione. La mossa ha scatenato la reazione dell’oligarchia e dell’esercito, portando all’arresto di Castillo – condannato poi come golpista – e il subentro come presidente di Boluarte, vice-presidente di Castillo. Questo golpe ha causato forti proteste in tutto il paese con centinaia di migliaia di peruviani, soprattutto indios e appartenenti alle fasce deboli, che hanno protestato, costringendo il governo ad emanare lo stato di emergenza, con una durissima repressione da parte della polizia e dell’esercito che ha causato 50 morti tra i manifestanti e quasi mille feriti.
Sugli scontri, avvenuti tra il dicembre e il gennaio scorsi, il New York Times ha condotto un’inchiesta con la quale si è dimostrato che la polizia ha usato armi da fuoco contro i manifestanti, in maniera deliberata anche in assenza di un qualsiasi pericolo.
Quarantotto civili sono stati uccisi e più di 970 sono rimasti feriti, secondo il difensore civico del Perù. Il NYT ha analizzato centinaia di video e immagini, i rapporti dell’autopsia e della balistica e ha parlato con testimoni ed esperti. L’inchiesta ha esaminato da vicino otto morti a dicembre e gennaio in tre località – nelle città di Ayacucho, Juliaca e Macusani – per mostrare come i militari e la polizia abbiano usato tattiche mortali, spesso in apparente violazione dei propri protocolli, che richiedono una ragionevole e quantità proporzionata di forza quando si risponde ai disordini civili. “Il fattore chiave è che la polizia non usa la forza letale in modo proporzionale”, ha affermato Joel Hernández della Commissione interamericana per i diritti umani. Ha contribuito a condurre una valutazione sul campo della violenza e l’ha definita “eccessiva per l’obiettivo di controllare la protesta”. Il governo peruviano si è sempre giustificato dicendo che almeno 363 agenti sono rimasti feriti alla fine di febbraio, secondo i dati forniti dal Ministero della Salute e quindi la risposta della polizia è stata proporzionata e legittima. Tuttavia risulta di difficile capire come possano essere pericolosi per gli agenti della repressione, manifestanti intenti a occupare aeroporti e ad attaccare edifici governativi che scagliano pietre con fionde, senza utilizzare esplosivi – l’utilizzo dei quali il governo ha sempre accusato i manifestanti, senza portare uno straccio di prova. Perché mai, sin dal primo giorno di protesta la polizia era armata con fucili d’assalto israeliani Galil?
La signora Boluarte ha affermato che la polizia e l’esercito del paese hanno risposto in conformità con la costituzione, le leggi e i protocolli della nazione e ha attribuito la colpa delle uccisioni a criminali violenti. “Questa non è una protesta pacifica. È un’azione violenta da parte di un gruppo di persone radicali che hanno un’agenda politica ed economica”, ha detto la signora Boluarte in un discorso il 24 gennaio, dopo che 18 civili sono stati uccisi a Juliaca. “E questa agenda economica si basa sul traffico di droga, l’estrazione illegale e il contrabbando”.
L’inchiesta del NYT ha portato alla luce elementi che fanno pensare che la repressione nel sangue delle proteste fosse premeditata. E di questi crimini i nostri democratici media non hanno mai parlato perché sconfesserebbero il mito della democrazia occidentale.
Lascia un commento