Emanuele Quarta
Avanti.it
La giornata di ieri potrà essere ricordata come la giornata del duello (a distanza) rusticano fra Vladimir Putin e Joe Biden. I due presidenti di due nazioni indirettamente – ma non troppo – in guerra tra di loro hanno pronunciato due discorsi destinati ad essere ricordati come i discorsi che hanno dato il via alla fase più acuta dello scontro fra le due potenze.
Putin e Biden hanno rappresentato e presentato i due punti di vista ideologici e geopolitici che al momento si stanno scontrando militarmente nel cuore dell’Europa. Al di là dei passaggi retorici – presenti soprattutto nel discorso di Biden, in puro stile yankee – non si può di certo affermare che i due leader non abbiano parlato chiaramente; le loro parole hanno, una volta per tutte, definito in maniera cristallina il futuro che si pone dinanzi ai popoli europei.
Putin ieri ha parlato dinanzi all’Assemblea federale e ai più alti funzionari civili e militari.
Il presidente russo non ha usato mezzi termini per descrivere le tensioni con l’occidente.
“La Russia ha sempre aspirato ad una soluzione pacifica tra il Donbass e l’Ucraina sin dal 2014” ha esordito “e gli accordi che abbiamo raggiunto erano soltanto un bluff, un gioco fatto con le carte truccate”. Secondo il leader russo, questo succede perché i paesi occidentali hanno ereditato la mentalità coloniale che li spinge ad ingannare chiunque in un mondo che loro ideologicamente dividono “fra paesi civilizzati e tutto il resto”. Ovviamente questo, spiega Putin, non è accettabile per la Russia che, non solo difenderà i propri interessi, ma lavorerà sempre affinché nel mondo non prevalga più questa visione “colonialista”. “Abbiamo visto” continua il presidente russo “come gli accordi di Minsk sono stati un inganno orchestrato contro di noi per dare all’Ucraina il tempo di armarsi col supporto Nato al solo fine di usarla come un ariete contro la Russia”. E cita, ancora una volta, la “spedizione punitiva” contro il Donbass pianificata per febbraio 2022, un piano di attacco massiccio che ha costretto la “Russia ad intervenire a sostegno di un popolo che vuole avere la libertà di parlare la propria lingua, di vivere nella propria terra”. L’occidente e gli USA hanno usato uno “spregevole inganno” come fecero in passato con Jugoslavia, Libia, Siria, Iraq, Afghanistan. “Sostengono apertamente un regime nazista col solo scopo di colpire la Russia”.
“La Nato e gli Stati Uniti hanno sempre lavorato per distruggerci e metterci in ginocchio” non soltanto militarmente, ma anche attraverso attacchi contro la cultura russa e l’economia. Il riferimento è esplicito alla censura della cultura russa esplosa in occidente l’anno scorso, ma anche alle sanzioni economiche che a detta di Putin “hanno fallito perché l’economia russa si è dimostrata più robusta di quanto si aspettassero gli occidentali” e anzi, si stanno ritorcendo contro gli stessi stati che le hanno imposte.
Infine si è espresso sul supporto militare e sull’invio di armi della Nato a sostegno dell’Ucraina. “Quante più armi invieranno a Kiev, tanto più forte sarà la nostra risposta. Quanto più lungo sarà il raggio degli armamenti forniti al regime di Kiev, tanto più in là dobbiamo spostare il confine per la nostra sicurezza”. E conclude dicendo che i piani dell’operazione speciale sono ancora in atto, validi e stanno rispettando la tabella di marcia prefissata già nel febbraio dello scorso anno.
Diverso il tono del discorso di Joe Biden tenuto ieri a Varsavia (altro vassallo USA insieme all’Ucraina) che, a differenza di Putin che ha parlato di occidente in generale, fa direttamente il nome del presidente russo, quasi a voler dividere Putin dal resto della Russia – magari quella parte di Russia legata economicamente all’occidente – nel tentativo di delegittimarlo.
“Noi non abbiamo mai lavorato per colpire e distruggere la Russia” esordisce il presidente americano. “È una menzogna di Putin, non abbiamo mai fatto pressioni contro i confini russi”.
“È stato il dittatore, l’autocrate Putin ad aggredire il popolo ucraino che voleva la sua libertà. Quando ha dato l’ordine ai suoi carri armati di puntare su Kiev, pensava di vincere facilmente, di annettere tutta l’Ucraina per ricreare l’Impero sovietico. Ma la strenua resistenza di un popolo che lotta per la libertà è imbattibile”. Ma l’invasione russa, secondo Biden, ha anche mostrato a Putin la straordinaria unità della Nato e di tutto l’occidente. “Voleva indebolirci, e invece siamo usciti più forti. Le democrazie si stanno rafforzando, l’autarchia si sta indebolendo”. Per Joe Biden, Putin “considera l’Ucraina legittimo territorio russo, ma l’Ucraina è una nazione, con una lingua, una storia ed una cultura diversa. Il popolo ucraino non si arrenderà mai”. E promette sostegno senza limiti perché “l’Ucraina non sarà la grande vittoria di Putin, sarà la sua sconfitta”.
Il duello a distanza tra i due presidenti ha mostrato quanto siano ormai lontane Washington e Mosca; quanto poco importa della pace ad entrambi gli schieramenti. In entrambi i discorsi, la pace viene sì citata, ma è solo un esercizio retorico. La Russia e gli USA (e i suoi alleati) hanno chiaramente lasciato intendere che per arrivare alla pace bisogna prima passare per la distruzione. E questo può voler dire soltanto una cosa: escalation. La guerra non si fermerà in Ucraina con la vittoria della Russia o la vittoria della Nato: la guerra arriverà pure da noi, con i polacchi che scalpitano per muoversi contro l’antichissimo ed odiato nemico russo; con i paesi baltici pronti a sostituirsi all’Ucraina nel ruolo di ariete anti-russo; con le borghesie francesi, tedesche ed italiane che già si leccano i baffi per i lauti introiti provenienti dalla vendita di armi e dalla futura ricostruzione. La guerra finirà con la sconfitta definitiva di uno dei due schieramenti e la logica ci invita a riflettere sul fatto che nessuno dei due schieramenti si esaurirà in Ucraina e nessuno dei contendenti accetterà mai la propria sconfitta sul territorio ucraino.
Comunque la si pensi, qualunque sia lo schieramento per cui si parteggia, chiunque possa avere torto o ragione – ma parlare di torto o ragione in geopolitica è da ingenui – la guerra ormai è qui in casa nostra.
Les jeux sont fait. Rien ne va plus
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