Il governo israeliano ne è convinto (e anche un po’ preoccupato): dietro la bomba di Megiddo, che ha colpito un convoglio militare israeliano ferendo gravemente un soldato di 21 anni, si nascondono Hamas ed Hezbollah. Il primo, è l’organizzazione di guerriglia e resistenza palestinese – dichiarato terrorista da Israele ed altri stati occidentali – mentre il secondo è il partito combattente che da decenni combatte in Libano contro Israele. Secondo l’intelligence israeliana, le due organizzazioni avrebbero riallacciato i propri legami con la prospettiva di portare nuovi attacchi sul territorio israeliano. Ma non solo, secondo quanto riferito da alti ufficiali israeliani, Hamas ha allacciato i rapporti con Hezbollah per cercare di coinvolgere gli oltre 200 mila profughi palestinesi presenti nei campi profughi in Libano, campi che secondo molti sono sotto il controllo di Hezbollah stessa. La strategia dunque sarebbe, stante le supposizioni di parte israeliana, quella di creare una sorta di collegamento fra Hamas nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, ed Hezbollah in Libano, al confine nord israeliano, per portare un attacco congiunto allo Stato Israele da più parti. Le IDF avrebbero anche le prove che Hamas abbia mandato in Libano i suoi uomini più esperti per addestrarsi nella costruzione e nell’uso di razzi, per ricevere addestramento quali incursori, guastatori, cecchini. Ed oltre a questo, c’è anche l’esplosione di una mina al confine tra Libano ed Israele e che ha coinvolto alcuni soldati israeliani impegnati nell’attività di sminamento, ferendone due.
A preoccupare le autorità israeliane però è la modalità in cui è avvenuto l’attacco. Megiddo si trova poco oltre il confine nord della Cisgiordania, uno dei confini più sorvegliati al mondo. Ancora nessuno sa come sia stato possibile per gli uomini di Hamas oltrepassare il confine, piazzare la bomba, farla esplodere e poi ritornare indietro senza essere visti. Secondo alcuni, i responsabili dell’attacco avrebbero oltrepassato il confine scavalcando il muro e la recinzione con l’ausilio di una scala. Questo attacco dunque, preoccupa Israele perché lo fa riscoprire vulnerabile, costringendo le forze di difesa ad aumentare l’attenzione per evitare attacchi che sono di difficile previsione. Il capo politico di Hezbollah, Nasrallah si è rifiutato da smentire o confermare la responsabilità del suo partito nell’attacco di Megiddo; in una intervista rilasciata alla televisione libanese ha anche aggiunto che il loro “silenzio fa parte della battaglia psicologica, mediatica e militare con il nemico, sta confondendo il nemico”. Il ministro della difesa israeliano, dal canto suo, ha anche promesso che “il responsabile verrà catturato e processato senza alcun dubbio” cercando di allontanare le critiche giunte sull’operato dell’intelligence militare che, secondo molti, avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie per evitare l’attacco.
Dunque nella regione soffiano nuovamente dei venti che sanno di guerra e, questa volta, gli arabo-palestinesi sembrano aver assunto l’iniziativa con una nuova strategia che sembra avere dei contraccolpi notevoli a livello psicologico sul nemico sionista, impegnato e distratto com’è dai problemi di politica interna e la mai sopita voglia di colonizzare le terre palestinesi e cacciando il popolo che da secoli vive su quelle terre. Un popolo che adesso ha deciso di alzare il tiro per difendersi coinvolgendo anche l’alleato libanese che, intanto, si trova a fronteggiare la più grave crisi economica della sua storia.
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