Quasi dimenticata da tutti, la tornata elettorale tenutasi domenica in Repubblica Ceca avrà risvolti in ambito di politica estera per tutta l’Europa.
A vincere le elezioni è stato il candidato filo-NATO Petr Pavel, ex generale in pensione che ha avuto ruoli importanti all’interno dell’Alleanza Atlantica. Pavel ha sconfitto di larga misura – i primi exit poll parlavano di una forbice fra il 50-60 % di scarto – il miliardario populista Andrej Babis.
Pavel ha subito ringraziato tutti i sostenitori ed incassato subito il plauso del presidente slovacco con cui condivide ideali e visioni, soprattutto in ambito geopolitico. Pavel, infatti, non ha mai nascosto durante la campagna elettorale di voler rafforzare il ruolo del suo paese nella Nato, mentre il suo avversario affermava che non avrebbe inviato truppe a sostegno di alcun paese dell’alleanza, nemmeno nella vicina Polonia nel caso di un attacco russo.
Secondo gli analisti, Andrej Babis avrebbe perso la tornata elettorale perché si è presentato, nel tentativo di cogliere il voto dei nostalgici del comunismo che diventano sempre di più, come erede di quella stagione politica. In realtà, questa scelta avrebbe giocato in suo sfavore perché durante la campagna elettorale sono saltati fuori documenti che attestano il suo ruolo nella polizia segreta comunista prima del crollo del comunismo.
Qualunque siano i reali motivi della vittoria di Petr Pavel, quello che conta è che la Repubblica Ceca rimane saldamente nel blocco atlantico, una pedina fondamentale nello scacchiere geopolitico che permette agli USA e ad i suoi alleati di mantenere forte la pressione ai confini russi. Ma soprattutto segna un passo ulteriore verso la divisione netta fra Ungheria, da una parte, e Polonia, Ceca e Slovacchia dall’alta nel gruppo di Visegrad.
EQ
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