È in corso il più grande sciopero nazionale dell’ultimo decennio della classe lavoratrice inglese, che dall’autunno scorso ha aperto una stagione di lotta che ha visto ottenere piccole conquiste da parte dei lavoratori portuali di Liverpool o da quelli aeroportuali di Luton.
Accanto alla richiesta di un miglioramento dei salari di fronte a un’inflazione che si attesta attorno al 10%, vi è anche la contestazione all’inasprimento delle leggi che limitano e invalidano l’azione sindacale legale volute dal governo di Rishi Sunak, che sugli aumenti salariali chiede cautela in virtù del lavoro fatto per tenere a bada l’inflazione – dimenticandosi, probabilmente, di essere un milionario.
In questa fase anche Amazon vede i propri dipendenti scioperare per la prima volta nel Paese (nel deposito di Coventry).
Nel mezzo milione in protesta per le strade di Londra, vi è il personale dei trasporti, quello sanitario, scolastico e del pubblico impiego.
Migliaia di infermieri hanno scioperato per la prima volta nella storia della loro organizzazione il 15 dicembre in Inghilterra, Galles e Nord Irlanda, e sciopereranno nuovamente il 6 e 7 febbraio.
Lo sciopero è stato fortemente voluto e votato anche dai pompieri della Fire Brigade Union.
La situazione in cui versano i settori nodali è il prodotto della politica neo-liberista in Gran Bretagna, ma sembra che i lavoratori abbiano deciso di non pagarne più le conseguenze.
Tutto questo in un contesto normativo in cui si può scioperare esclusivamente per le vertenze sulle condizioni contrattuali nel proprio luogo di lavoro, previa votazione. Non sono permessi scioperi “politici”, scioperi generali e di “solidarietà”.
Per alcuni settori, se non verrà raggiunto un accordo sulle retribuzioni, gli scioperi potrebbero protrarsi fino a marzo.
A sostegno degli scioperi, la Socialist Campaign Group e il Partito Comunista della Gran Bretagna.
Paradossale rispetto al suo legame storico col movimento sindacale, invece, la posizione di Keri Starmer, segretario del Partito Laburista appartenente all’ala centrista, che ha impedito ai propri deputati di presentarsi ai picchetti per non spaventare la parte più moderata dell’opinione pubblica.
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