Domenica scorsa si è tenuta la sessione plenaria dell’Assemblea dell’Unione Africana ad Adis Abeba. E proprio all’inizio dei lavori, mentre si controllava la regolarità degli accrediti sia dei diplomatici sia della stampa, è arrivato quello che potremmo definire un vero botto diplomatico; il rappresentante diplomatico di Israele, Sharon Bar-Li è stato cacciato fuori. Secondo le testimonianze dei giornalisti che hanno assistito alla scena, gli addetti agli accrediti hanno respinto il diplomatico israeliano dicendo “ci dispiace, ma il suo badge non è regolare”.
Ovviamente si è scatenato il putiferio, con Bar-Li che ha gridato allo scandalo perché Israele possiede lo status di Paese osservatore.
Interpellato dalla stampa il portavoce dell’UA ha motivato l’accaduto spiegando che nella lista degli accreditati si trovava il nome dell’ambasciatrice israeliana presso l’Etiopia; il governo israeliano non aveva informato dell’assenza della sua responsabile diplomatica, per cui nessuno era a conoscenza del cambio di delegato.
In realtà la questione dello status di osservatore conferito ad Israele è complessa e delicata.
Nel 2021 il Segretario dell’UA, Moussa Faki Mahamat conferì ex oficio lo status di osservatore allo Stato di Israele, promettendo al governo di Tel Aviv che tale decisione sarebbe stata approvata alla prima sessione plenaria dell’assemblea, esattamente la seduta di ieri. La decisione di Mahamat però ha scaldato gli animi di molti Paesi, soprattutto i Paesi a maggioranza musulmana, che erano e sono contrari a tale decisione. L’Autorità nazionale Palestinese, a sua volta, ha fatto pressioni sui paesi arabo-musulmani dell’UA affinché revocassero “lo status di osservatore conferito ad un Paese che pratica l’apartheid” Per evitare una spaccatura all’interno dell’Assemblea africana, si decise a livello intergovernativo di rimettere la decisione ad una apposita commissione che valutasse fattibilità giuridica e convenienza politica del conferimento dello status di osservatore ad Israele.
Il ministero degli Esteri israeliano non si è fatto scappare l’occasione per attaccare alcuni stati membri dell’Unione Africana. Secondo il ministro degli esteri in persona, si tratterebbe di un abuso “orchestrato dai due paesi che maggiormente odiano Israele, l’Algeria ed il Sud Africa” ed auspica “una forte risposta degli altri paesi africani, affinché non si lascino coinvolgere in queste manovre”.
Intervistato dal “The Jerusalem Post” il capo della diplomazia israeliana ha reso noto che l’ambasciatore sudafricano in Israele verrà convocato per una protesta ufficiale.
Il governo sudafricano, sentito da “AfricaNews” e dalla “Reuters”, respinge le accuse degli israeliani. “Non è una questione di volontà, è una questione di principio che riguarda le regole di funzionamento dell’organizzazione”, dicono dalle parti di Pretoria.
Già, le regole, il diritto internazionale: tutte parole e principi verso i quali Israele ha sempre mostrato una certa repellenza; e quando qualcuno gliele fa rispettare, gli israeliani cominciano a frignare e scaricano le colpe sugli altri. Di solito danno colpa dei palestinesi per ogni violazione del diritto internazionale che commettono, questa volta i cattivoni sono i sudafricani che per questo hanno tutta la nostra simpatia.
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