Da quando Kevin McCarthy si è schierato come Speaker della Camera dei rappresentanti, il clima politico nel Congresso si è fatto sempre più teso. I repubblicani, forti della loro maggioranza hanno dato vita ad una vera e propria lotta politica all’ultimo sangue con l’obiettivo di colpire in ogni modo la leadership democratica e quindi, indirettamente ma non troppo, pure la presidenza di Joe Biden.
Questa settimana due vicende hanno posto in evidenza tutta la gravità del rapporto fra democratici e repubblicani.
La prima vicenda riguarda la nuova legge definita “Pelosi Act” presentata al Congresso ed in fase di elaborazione e discussione, una legge che vuole vietare ai parlamentari e ai loro parenti più stretti di arricchirsi sul mercato azionario durante il loro mandato parlamentale. “Pelosi Act” perché motivo scatenante che ha portato i repubblicani a presentare tale progetto è l’arricchimento sproporzionato che il marito di Nancy Pelosi, Paul Pelosi ha accumulato negli ulti due anni con la vendita di titoli sul mercato azionario. Per quanto possa apparire nobile lo scopo della legge (anche se dubitiamo che i parlamentari repubblicani non abbiano mai fatto le stesse operazioni finanziarie), non bisogna farsi illudere: la legge serve a colpire la Pelosi e quindi tutto l’entourage del Presidente Biden, provando a giocarsi la carta delle delegittimazioni agli occhi degli americani, specie quelli della cosiddetta “America profonda” del Mid-West, che ha sempre più in odio la classe ricca che ormai specula sui mercati azionari, causa la deindustrializzazione di intere regioni e poi vota, appunto, per i democratici.
La seconda vicenda riguarda la parlamentare Ilhan Omar, sempre tra le fila dei democratici. La parlamentare musulmana, forse proprio per la propria religione, è stata attaccata di anti-semitismo a causa di alcune sue dichiarazioni che hanno in qualche modo criticato l’operato israeliano. E siccome nel mondo parlare male di Israele equivale ad essere dei piccoli nipotini di Hitler, la Omar è stata messa sotto accusa dalla Camera e poi deposta dal suo ruolo all’interno della potentissima commissione affari esteri. Lei si è difesa promettendo di continuare le sue battaglie politiche “e la mia voce sarà più forte ed alta”.
Al di là di quelle che sono le motivazioni “esterne” e formali di questi provvedimenti, una cosa è molto chiara: il fantoccio Biden, fantoccio di Soros e delle lobby finanziarie nonché quelle delle armi, comincia a sentir mancare il terreno da sotto i piedi. Il Congresso è letteralmente spaccato in due, quasi paralizzato e sull’orlo di una guerra civile che rischia di infiammare una società, quella americana, sempre più spaccata, arrabbiata e divisa.
Sono segni, questi, inequivocabili di un impero sull’orlo del crollo.
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