Il Congo è al centro dello scontro fra i due giganti che al momento vogliono spartirsi il mondo: USA e Cina. Il paese africano, primo produttore mondiale di cobalto, ha stipulato un accordo con la Cina per l’aumento dello sfruttamento di tale risorsa. Questo accordo ha inevitabilmente portato il Congo molto più vicino alla “sinosfera”, un fatto inaccettabile per gli Stati Uniti che, come sono soliti fare, stanno destabilizzando il paese finanziando e armando i gruppi paramilitari locali tentando di far riesplodere le tensioni etniche.
A queste manovre geopolitiche si uniscono anche decisioni in apparenza commerciali. Secondo quanto riportato da numerose agenzie di stampa internazionale, la Chevron – multinazionale statunitense del settore petrolifero e idrocarburi – sarebbe pronta a vendere i propri assets, cioè raffinerie e pozzi di estrazione di petrolio e gas naturale, che possiede in Congo. Nonostante al momento sia arrivata la smentita della Chevron che, per bocca del proprio portavoce, ha fatto sapere di non avere “intenzione di discutere in pubblico le strategie commerciali dell’azienda e le decisioni sulla vendita o l’acquisto di beni ed altri assets”, le voci continuano a circolare e già si parla di una vendita che potrebbe fruttare più di 1,5 miliardi di dollari. Al momento nulla si sa sulle motivazioni di questa eventuale, ma sin qui smentita, vendita; tuttavia, appare alquanto dubbio che si tratti di una decisione meramente economica, visto che il 40% del petrolio estratto e raffinato da Chevron arriva proprio dal Congo, anche se non sarebbe la prima volta per l’azienda, visto che nel 2021 ha venduto gli assets che possedeva in Nigeria a causa dell’instabilità politica che aveva investito il paese, seguita anche dalla connazionale Exxon che poi, lo scorso mese, ha ripreso le attività.
Probabile, dunque, che la decisione della Chevron sia dettata da necessità geopolitiche; la cessione di questi assets potrebbe rappresentare una forma di minaccia per il governo congolese da parte statunitense. Ma è chiaro che i cinesi sono all’angolo, pronti ad accaparrarsi anche questa risorsa.
Lascia un commento