La Nigeria ha un nuovo presidente. Il 70enne veterano della politica nigeriana, Bola Tinubu, è stato eletto col 38% dei voti, battendo gli altri due candidati, Atiku Abubakar e Peter Obi. La vittoria è stata sancita dal comunicato della INEC, l’istituto che regola e vigila sul corretto svolgimento delle elezioni in Nigeria. La proclamazione è arrivata la scorsa notte, dopo una lunghissima procedura di conteggio dei voti e tra le accuse di brogli da parte dei partiti sconfitti.
In mattinata, migliaia di militanti dei partiti di opposizione e cittadini nigeriani sono scesi per le strade della capitale per denunciare i brogli e violenze subite da milioni di elettori in tutto il paese. E in alcuni momenti, le proteste si sono trasformate in piccole sassaiole contro gli uffici dell’INEC o presso le sedi dei vari seggi elettorali. “Un ricorso legale alla Corte Suprema è inevitabile” dice Kunle Nawal, direttore esecutivo della ong Electoral College Nigeria. Nawal, sentito ai microfoni di “Africa News” afferma di aver ricevuto numerose segnalazioni “di violenze ai seggi contro gli elettori. Addirittura, da alcuni collegi sono arrivati i verbali della votazione quando in realtà in quei collegi a nessuno è stato concesso di votare”.
La tensione, dunque, è destinata ad alzarsi in un paese già notoriamente socialmente caldo, diviso etnicamente e religiosamente. Un paese da sempre nel mirino degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei, ingolositi dalle immense riserve di petrolio nel sottosuolo nigeriano. E in effetti qualche giorno fa, il Dipartimento di Stato americano aveva fatto circolare su Twitter un video in cui lo stesso Blinken invitava i cittadini nigeriani a votare per la democrazia; un esempio di ingerenza a stelle e strisce che qualche dubbio sui mandanti dei brogli lo lascia, considerato che il proclamato vincitore, oltre ad aver studiato presso importanti college americani, è stato anche dirigente della ExxonMobil, la multinazionale americana del petrolio che controlla gran parte delle raffinerie e dei pozzi di petrolio proprio in Nigeria. Insomma, gli indizi portano a pensare all’ennesima manovra targata USA.
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