Non sono tempi facili quelli che si vivono nelle ultime settimane al Bundesministerium der Verteidigung (il Ministero della difesa tedesco ndr.).
Dopo le dimissioni della ministra della difesa Christine Lambrecht – accusata di non saper distinguere un Leopard da una Jeep – il nuovo ministro della difesa, il socialdemocratico Boris Pistorius, si ritrova al centro di pressioni da parte degli alleati NATO e dei Paesi UE più attivi nel sostegno militare all’Ucraina, Polonia e Paesi Baltici. Oggetto della contesa sono gli ormai famigerati panzer Leopard 2 di produzione tedesca, a seguito della richiesta di fornitura degli stessi da parte di Zelensky. Secondo Kiev, i Leopard 2 potrebbero svolgere un ruolo fondamentale per la riconquista dei territori sotto controllo russo e la vittoria finale dell’Ucraina.
Le pressioni polacche
La richiesta di Zelensky ha trovato la giusta eco fra i governi polacco e baltici, fra i più acerrimi nemici dei russi e forti sostenitori della causa di Kiev. Il ministro degli esteri polacco, Arkadiusz Mularczyk sostiene la richiesta del governo ucraino e avverte la Germania che “se non fornirà i suoi carri armati a Kiev, rischia di rimanere isolata”; una minaccia che viene seguita poi dalla proposta – accolta con favore da Bruxelles – della creazione di una mini-coalizione di 12 Paesi che possiedono i Leopard e che li consegneranno a Kiev indipendentemente dalla volontà tedesca”. Insomma, fanno sapere i polacchi con la benedizione dell’UE, che Berlino potrà rifiutarsi di inviare i propri tank, ma non potrà impedire a lungo ad altri Paesi di fornire quanto richiesto dagli Ucraini e di “far pagare” il conto di 1,5 miliardi di euro all’Unione Europea per questo sforzo militare.
I dubbi ed i timori di Berlino
Berlino dal canto suo, per bocca del neo-ministro Pistorius, ha fatto sapere che dei 300 panzer in suo possesso, soltanto 19 sono pronti al combattimento, mentre 99 sono da revisionare ed un Leopard sarebbe addirittura da rottamare. Ma non solo.
I Paesi come Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, potrebbero cedere i propri Leopard 2 solo dopo il consenso del governo tedesco, il quale però non si dice contrario ad una mini-coalizione di 12 fornitori di Leopard. Insomma, Berlino accetta di malgrado che altri Paesi forniscano i suoi tank.
Tuttavia a preoccupare di più Olaf Scholz e tutto il suo governo sarebbe l’eventuale reazione di Mosca. Infatti non si tratta soltanto di fornire carri armati ad un paese belligerante ma – ed è qui che i timori di Berlino diventano veri e propri incubi – di addestrare i militari ucraini all’uso dei Leopard 2. In effetti, nel caso Berlino si risolvesse ad inviare i propri Panzer, si troverebbe di fronte al dilemma: come addestrare gli ucraini? Farli arrivare in Germania o mandare istruttori tedeschi in Ucraina? Ovviamente Mosca, è questa la vera paura tedesca, potrebbe leggere tutto questo come un coinvolgimento diretto e formale dei tedeschi nelle ostilità tra russi e ucraini.
Alla fine di tutto l’impressione è che i tedeschi vogliano tirarsi fuori lentamente da questo conflitto perché tra tutti i protagonisti della contesa, sono quelli che oggettivamente hanno da perdere di più in termini di interessi economici-commerciali-diplomatici. Se nel caso dell’Italia ormai diventa sempre più nota ai più la mole di interessi economici di Confindustria in Ucraina (e Bonomi che viaggia spesso ad incontrare Zelensky ne è una prova), i Tedeschi hanno pochi interessi da difendere al fianco di Kiev, molti più da perdere nello scontro con Mosca: forniture energetiche, export dei prodotti tedeschi, import di materie prime fondamentali per la sopravvivenza dell’industria ultra-tecnologica tedesca.
È proprio vero, tira una brutta aria dalle parti di Berlino.
EQ
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